La malinconia

La malinconia mi consuma per le attese
mentre il ricordo della dolcezza e del sorriso,
come pure lo sfavillio degli occhi,
mi assetano e mi incatenano alla speranza.

Oggi dalla casualità nell'occaso
prendo le molliche vitali
per saziare l'immaginario
in lotta con l'evidenza.

Perché tutto in quella sua voce
mi spinge ad osare.
Il mito che cerco di percepire
dai luoghi e nelle forme
dove mi soffermo mi riporta a Lei.

E la nebbia sulle rocce,
estranea oggi a questi luoghi,
mi intenerisce un poco
portandomi il profumo di ginestra e pino.

Ed è come un essudato d'icore
quel traslucido lacrimar di scogli
che m’illude,
dicendomi che è lì che si nasconde.
Perché tutto in quella sua voce
mi spinge ad osare.

Ed è come un essudato d'icore
quel traslucido lacrimar di scogli
che m’illude,
dicendomi che è lì che si nasconde.
Mi arriva a tratti la salsedine,
messaggero e' il vento. Mi porta parole e me le sussurra tra le
foglie, mi porta i pensieri e le illusioni di altre giovani donne. Vissi
come loro un tempo, nella spensieratezza e nell'amore. Gli odi e le
guerre sono viandanti instancabili, tutto attraversano e passarono anche
da queste parti. Venni travolta, trascinata dall'orda, straziata e
vinta, lasciata morente sotto una pianta. Fui accolta dal suo legno e
l'intrisi di me di cio' che restava: carne, ossa, sangue.
Perpetuo con lei nel tempo di me il ricordo, stille rosse riappaiono e con
lo stormir di fronde mi ricantano le dolci nenie che cullano ora altri
infanti
Fa che prima il sorriso
e poi la risata
mi dipingano il volto
come quando sul mare
c'è il Sole che muore.

Fa che nella penombra
la mano e lo sguardo
incontrino ancora
l'amico sincero
che mi riporti ai vissuti lontani.

Fammi ridere quel poco
per inseguir le fantasie e le emozioni,
a riprendermi e correre,
per essere poi forte
a delusioni e distacchi.

Fammi ridere anche se stanco
e in un mare d'inopia
cerco mani sicure
cui afferrarmi.

Fammi ridere ancora
mentre scrivo inseguendo parole
per fermarle,
riottose alla frusta e cavezza,
per carpirne l'essenza
e ricordarle per guarir da tristezza.

Fammi ridere col ricordo
del vapor venire via dalle nari
tra gli schizzi di saliva e sudore.

Fammi ricordare
quel brontolio e il sussurro
dell'anima mentre percepivo
la sua vitalità tra i crini
nel rumor del galoppo.
Vagavamo nel tempo e per il mondo,
cullate dall'onde come sugheri,
incerte se cavalcar per sempre
la schiuma della risacca.

Passammo poi per valigia,
borsa, giacca e altro
perché senza più magion che ci piacesse
errammo nomadi nel mondo.

Vivemmo un tempo
in compagnia di uno scrittore,
in rue de l'Hermet ...Paris,
e dagli occhiali vedemmo
a passione che scivolava sui fogli
mentre la penna indicava
il cammino alle parole
e dava voce all'inchiostro
che avrebbe parlato ai cuori.

Fummo in ultimo di casa
negli stivali di un soldato,
c'era un Sole che alimentava
la magia di quel giorno
e la campagna si intrufolava
tra il ferro, le giubbe colorate
e si rifletteva negli occhi
di chi non avrebbe più visto colori
ne' percepito lacrime.

Un giorno ci risvegliammo
e passammo dalla vitalità di un calzolaio
che costruì nuovi stivali
per la tua e nostra felicità
e fu l'inizio del cammino.

Nomadi come sempre
in una casa che si muove,
sentiamo e vediamo,
nuotiamo nei pensieri
e con le tue tristezze e gioie
riempiamo i giorni

ma ora vorremmo
affondar nelle sabbie,
calpestar ancor i ghiacci,
sentir le radici della Jungla
e l'erba della savana,
percepir lo sforzo
di chi si arrampica tra le rocce.

Donaci ora, in questa casa,
che siamo ancora degne
di questo nome
a chi per scelta o condizione
sia un viaggiatore del mondo,
uno che per necessità
non stia fermo
ne' voglia subito trovar casa.

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