emozioni

Sono annoiato. Annoiato dalla vita. Forse basta questo per definire come mi sento in questo momento. Ho trovato una mia routine, un amore, un lavoro, una passione per il futuro, eppure sono annoiato. Non sento alcuno stimolo, se non dal mio corpo. La mia mente non è più affollata di pensieri come una volta. Quando chiudo gli occhi, quando il sole si annega nel mare lasciando il posto al buio della notte illuminato dalle fioche luci dei lampioni, quando sono lì, da solo, non sento nient’altro che il silenzio. Penso, penso, penso, mi sforzo di immaginare qualcosa, qualsiasi cosa a cui aggrapparmi e lasciarmi trascinare, ma niente, non mi resta nient’altro che il silenzio, un muto ripetersi di notti, sempre uguali, e allora mi aggrappo al silenzio, e mi lascio sprofondare nell’unica cosa che il silenzio accoglie: i ricordi.

Come non detto, ora persino i ricordi mi annoiano, sono sempre quelli, che siano belli o che siano brutti, li ho passati col setaccio e non vedo nient’altro che banalità, nient’altro che la stessa monotonia, lo stesso silenzio che mi assorda la mente e non mi lascia volare tra i miei pensieri. Eccoci qui, dunque, con un taccuino e una penna in mano a scrivere i miei ultimi pensieri di questa notte, prima di chiudere gli occhi. Nemmeno la luna mi fa compagnia, nascosta dietro le fila degli alti palazzi che mi circondano, nemmeno la luna che mi aveva accompagnato spesso nei miei viaggi alle prime luci del giorno, accanto al sole che mi intiepidiva il viso quelle lunghe mattine d’inverno. Ora non fa che piovere: l’umidità dell’asfalto non fa in tempo a seccarsi che un nuovo muro d’acqua si infrange sui sassi e sulla terra, sul cemento e sull’asfalto, sulle nostre teste stanche e annoiate. Quasi il colore del cielo è uno dei ricordi a cui mi sono aggrappato in queste settimane, lunghe e noiose settimane.

Pensavo di uscire, di camminare, e lasciarmi tutto dietro e guardare solo avanti, ma il solo pensiero mi annoia. Ho paura che la noia che provo possa impadronirsi persino delle eccezioni. In parte è già così.

Buonanotte.
Nel senso che il dolore è l’unica cosa che non ti abbandona mai: la speranza altrimenti non avrebbe motivo di esistere, perché rappresenta il solo desiderio di smetterla, smetterla di provare dolore. Lei dice che è più forte del dolore, ma puoi essere più forte di UN dolore, ma ce ne saranno ancora a centinaia che continueranno a far paura, che dico, migliaia.

Qualcuno lo dimentichi, e sopravvivi solo per la memoria vuota, ma se la riempi di quei ricordi che avevi cacciato via per vivere meglio, per sopravvivere, sei quasi sorpreso di quanto facciano ancora male quei ricordi a cui urlavi che essi fossero passato e che adesso tu guardavi al futuro, e torni indietro, anche per qualche minuto, sperando di rivivere quel passato che ti ha risanato tanto il cuore, ma che è finito come una scheggia piantata nel petto.

L’hai lasciata lì per non morire dissanguato e te ne sei quasi dimenticato, hai infilato una maglia più spessa per non darla a vedere, l’hai limata per renderla a filo col tuo petto, ma è ancora lì, sotto una spessa cicatrice; e ogni volta che passi le punte delle dita su quella pelle tirata e dura e senza pori torni indietro, e nonostante il dolore te ne reimmergi, e stai stranamente bene, mentre l’involucro rimasto nel presente sgorga lacrime che sono la tua anima che ti abbandona, per riscoprire: che bello il tempo in cui ridevo con lei.
È durata quasi due giorni, la serenità.

Adesso mi guardo intorno, nella mia camera, nella mia vita, e tutto quello che mi viene in mente mi ricorda di qualcuno che nella mia vita non c’è più, per un motivo o per un altro, per motivi davvero molto diversi, per colpa mia, per colpa sua, per colpa di un altro, per volere mio, per volere suo, per volere del destino.

Ci penso, penso a loro, e provo nostalgia, provo tristezza, e mi viene da piangere, di battere i pugni e sperare di chiudere finalmente quella stramaledetta porta, che è ancora socchiusa, e ogni tanto, come in un desiderio autodistruttivo, sbircio oltre, per osservare me stesso, da fuori, quando pensavo di aver capito cosa fosse la felicità, quando avevo tutto per essere felice ma non me n’ero accorto, e l’ho lasciata fuggire, tra le braccia di un altro, e nemmeno il primo che passa.

Mi viene da piangere, ma sono grato di piangere per Lei.

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